Non ho conosciuto di persona Francesco Rinaldi, detto Carretta. L’immagine che ho di lui deriva dai racconti che, nel corso del tempo, ho sentito da diverse fonti. Tutti concordano su due aspetti della sua personalità: aveva un appetito notevole ed una prodigiosa abilità manuale. Il fatto che fosse un buongustaio in qualche modo me lo ha reso simpatico, forse perché ho associato l’appetito alla convivialità, uno di quei tipi sempre allegri, pronti alla battuta e alla bisboccia. Ma l’aspetto della sua personalità che veramente mi ha incuriosito è quello relativo a ciò che riusciva a fare con le mani. Quando si inizia un racconto di solito si definisce il tratto saliente della personalità del protagonista, questo dà al lettore la caratura del personaggio: “era il pistolero più veloce del west”. Dovessi definire la caratura di Francesco Rinaldi, detto Carretta, direi che sapeva usare la lima come nessun altro. Non era solo questo ovviamente, ma in questo modo la caratura del personaggio è chiara. All’inizio degli anni sessanta era in Svizzera, emigrato come tanti altri di Umbertide, a lavorare in una fabbrica che costruiva telai. Insieme a lui, nella stessa fabbrica, tanti altri di Umbertide, e tantissimi altri che venivano da tutte le parti del mondo, quasi quindicimila dipendenti. La produzione delle spolette dei telai avveniva con frese ad alta precisione, un giorno, chissà perché, fece una scommessa: costruisco una spoletta con la lima, tanto precisa da funzionare al pari di quella fatta con la fresa. Mica uno scherzo, questione di millimetri, forse di micron. Vinse la scommessa fra gli sguardi increduli dei colleghi polacchi, turchi, tedeschi e qualcuno di Umbertide, che appunto lo ha raccontato. Ecco, questo era Carretta. Tornato dalla Svizzera non si poteva definire bene che tipo di lavoro facesse, i più concordano nell’affermare che Carretta faceva tutto. Ovviamente il tutto è riferito al suo tipo di lavoro, cioè qualunque tipo di riparazione dove la capacità di adattamento e l’abilità manuale potevano fare la differenza. Una serranda con una molla impazzita, un pezzo di ricambio introvabile che doveva essere ricostruito identico, un serramento che non chiude più: lavori totalmente diversi, che richiedevano soluzioni non convenzionali e grande abilità manuale, tutti lavori ideali per Carretta. Questo approccio così singolare al lavoro, anzi alle abilità richieste dal mondo del lavoro, offre lo spunto ideale per alcune considerazioni.
Nel corso degli ultimi decenni l’approccio e le caratteristiche richieste dal mondo del lavoro sono mutate profondamente. Qualche decennio fa era solo questione di conoscenze. Se avevi terminato un corso di studi che ti aveva dato quelle conoscenze, per esempio da ragioniere, allora il più era fatto. Un ragioniere trovava il suo posto di lavoro proprio come ragioniere e tale rimaneva fino alla pensione. Poi questo non è stato più sufficiente, perché tantissimi riuscivano ad acquisire quel livello di conoscenza, magari anche più approfondita, magari a livello universitario o magari con un master post laurea. Da un certo momento in poi, dopo gli anni novanta, il livello di conoscenza, da solo, non è stato più il fattore che rende competitivi sul mercato del lavoro. Le aziende hanno iniziato a considerare come discriminante non il titolo di studio in sé, ma dove quel titolo di studio era stato conseguito (per esempio Bocconi) e secondariamente l’attitudine a lavorare in gruppo, capacità richiesta dalla crescente complessità aziendale. Adesso nemmeno questo sarà più sufficiente: viviamo perennemente connessi, in un mondo dove l’abilità più ricercata sarà quella di saper gestire le relazioni. Relazioni on line e anche sulla vita reale, in quanto, a sopravvivere saranno principalmente le aziende in grado di creare e mantenere reti virtuose di relazione con partner e clienti. La velocità di cambiamento è tale da disorientare chiunque: i genitori potrebbero sentire la frase “voglio fare il social media manager” oppure “ho trovato posto come addetto alla web reputation” e non capire di cosa si sta parlando. Eppure quelle citate sono veramente due professioni molto richieste. Una sola generazione di mezzo e già non si capisce più nemmeno il senso della professione che potrebbe fare il proprio figlio.