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Google, il Made in Italy ed alcune perplessità

Google Cultural Institute

Google Cultural Institute

 Che Google avesse una particolare attenzione per l’Italia già lo avevamo capito fin dagli albori, come ricorda anche Severgnini in un suo articolo che abbiamo  ripubblicato nel blog. Tuttavia non mi aspettavo che dedicasse una sezione del Google Cultural Institute proprio al Made in Italy. Il termine Made in Italy è una delle stringhe più cercate al mondo, questo fatto ha evidentemente stimolato il gigante di Mountain View, pronto a convertire in macchine da soldi tutte le opportunità che vede. La filosofia con la quale questo avviene è sempre la stessa: la strada tra il prodotto ed il profitto è indiretta, questa asserzione merita una spiegazione più profonda. Google fornisce il servizio di ricerca meglio di chiunque altro al mondo, tuttavia nessuno ha mai pagato per questo servizio: offre il servizio migliore al mondo e lo offre gratuitamente. Cerco, trovo quel che voglio in maniera veloce, direi stupefacente, e non pago niente. Stessa cosa per le  mappe che sono per certi versi anche migliori di servizi a pagamento. L’ottica è geniale: se ho milioni di utenti che utilizzano il mio servizio di ricerca, non faccio pagare per cercare, faccio pagare per essere trovato! Badate, faccio pagare non per essere in cima alla lista delle risposte, ma per ogni click che viene fatto su quel link (evidenziato con un diverso colore per ragioni etiche). Ecco il punto focale, creo una abitudine negli utenti, gli fornisco una utilità oggettiva e me li fidelizzo, poi “vendo” questa massa critica di utenti fedeli a terze parti e metto d’accordo tutti: gli utenti fedeli che non pagano, i clienti che pagano ma hanno una massa critica di potenziali clienti profilati che cliccano sul loro sito, Google i cui utili si attesteranno a fine 2014 attorno a 54 miliardi di dollari (!). Questo è il paradigma comportamentale di Google, offrire gratuitamente utilità per monetizzare dalle conseguenze di queste. Torniamo al discorso iniziale del Made in Italy: Google si è ben accorta che la domanda mondiale di Made in Italy non è supportata da una offerta che va di pari passo. Sul territorio manca il racconto della tradizione e delle attività artigianali, manca la storia del vissuto, dei successi, delle eccellenze che, da sempre, sono ossa e carne del vero Made in Italy. Google ha deciso di colmare questo vuoto comunicativo usando i suoi mezzi: la piattaforma  www.google.it/madeinitaly è stata realizzata dal Google Cultural Institute (al progetto hanno preso parte anche il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e Unioncamere), mette a disposizione un centinaio di “mostre digitali” sulle eccellenze produttive del Paese. Oggetto di questi percorsi sono, giustamente, categorie di prodotto, e non singole aziende (es. “Arte orafa crotonese”, “Concia Toscana”, “Pane di Altamura” etc).

Google Cultural Institute

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Forti delle considerazioni fatte poc’anzi non ci stupiscono le parole del Presidente EMEA di Google: “È un modo di promuovere gli italiani nel mondo. Noi mettiamo a servizio le nostre competenze, poi è chiaro che se ci sono aziende interessate, possono promuoversi online attraverso i nostri strumenti!”. Dal punto di vista di Google, ancora una volta, tutto torna. La domanda è: ma ci doveva pensare Google? Evidentemente sì. Ci si aspetterebbe un impegno notevole da parte del Ministero per i Beni Culturali e il Turismo, viste le dichiarazioni che tutti i ministri che si sono avvicendati hanno fatto, relativamente al ruolo strategico del web nell’ambito delle “iniziative per il rilancio dell’immagine dell’Italia”. I diversi milioni di euro hanno prodotto www.italia.it,  il sito istituzionale del turismo in Italia, patrocinato dal Governo. Questo è il massimo che siamo riusciti a produrre con parecchi milioni di euro: una simil-guida tascabile striminzita, imprecisa, imbarazzante. Se avete voglia di deprimervi leggete una delle  tante pagine che ne raccontano la storia, oppure guardate direttamente la pagina dell’Umbria o di Perugia . Con qualche milione di euro (la cifra esatta è controversa ma la più accreditata è 42 milioni) credo proprio che si possa fare di meglio. A dimostrazione riporto delle immagini che impietosamente danno l’idea di quanti danni possa fare la politica in un settore, quello turistico, strategico per tutti i paesi e per l’Italia in modo particolare. E poi mi dà fastidio che la Pizza di Pasqua (come la chiamano loro, ma sarebbe la torta) sia definita un panettone con il pecorino.

Umbria su Italia.it

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Perugia su Italia.it

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Autore: Webmaster

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