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Intervista a Francesco Villa, vice direttore generale della Gruppo Buffetti Spa

Questa settimana riportiamo l’intervista che ci è stata concessa (a bordo piscina, ad Ibiza, durante il Buffetti Tour)  da Francesco Villa, Vice direttore generale della Gruppo Buffetti Spa. I temi sono quelli cari ad InFormAzienda: formazioneinnovazionemarketing. Riportiamo sia la versione MP3 “LIVE” che la trascrizione, certi concetti che sono emersi sono talmente importanti che dovrebbero essere letti e poi riletti regolarmente!

 

R: Allora conosciamo Francesco Villa. Chi è Francesco Villa.. cenni sulla carriera.. Niente di autocelebrativo!

FV: Ma no, di autocelebrativo proprio nulla. Dunque intanto io sono un ingegnere meccanico, credo di essere il più “rinnegato” tra gli ingegneri meccanici in quanto quando ho incominciato come ingegnere meccanico mi sono preso paura delle officine, quindi sono scappato subito.

R: E’ come il medico che ha paura del sangue

FV: E’ come il medico che ha paura del sangue , solo che io l’ho scoperto un po’ tardi! Ho invece poi avuto una bella occasione di entrate nell’ufficio Marketing della Black & Decker, non so se avete presente l’azienda dei trapani, lì ci son stato 8 anni, da lì poi mi sono spostato in Philips, e quindi ho seguito il marketing del televisore a colori, nell’epoca in cui il televisore a colori era il prodotto più bello, insomma più diffuso, poi finalmente mi sono spostato vent’anni fa nel mondo del prodotto per ufficio, ho lavorato 8 anni con Lyreco in Italia, 3 anni con Adveo, quindi mi sono occupato di vendita diretta come forniturista, poi mi sono occupato del concetto del grossista cosiddetto moderno, poi finalmente sono approdato in Buffetti nel 2006, 8 anni fa, e da 8 anni sono qui a cercare di fare andare le cose al meglio in azienda.

R: Allora gli inizi, le difficoltà, chi ha creduto in lei e chi no, e un messaggio per una persona a cui sente di dovere qualcosa

FV: Fai riferimento alla mia esperienza qui a Buffetti o a una cosa più ampia?

R: Dagli inizi, in generale, e poi anche di Buffetti che è l’ultima parte della tua carriera per adesso

FV: Partiamo dal fondo. Io credo che nella vita tutti abbiamo la fortuna, ma forse non è neanche una fortuna ma un dato di fatto, che è quella di incontrare alcune persone che sono maestri di vita, e sono maestri di vita sia in positivo che in negativo. Se adesso mi fai far mente locale alla fine ti elencherei  2, 3 maestri di vita assolutamente positivi e un paio assolutamente negativi. Sui negativi le cicatrici le portiamo tutti e quindi ognuno fa storia a sé. Sui quelli positivi invece la prima persona che mi ha insegnato moltissimo della vita è un signore che si chiama Lillo Termini ed è stato il direttore commerciale in Black&Decker e lui mi ha fatto capire moltissimo del COMMERCIO, della VENDITA, della RELAZIONE UMANA. E mi ha fatto capire che la professione della vendita in particolare è una professione con la P maiuscola, se vogliamo, non esiste una scuola per venditori, esiste una scuola per ragionieri, per geometri, ma non esiste una scuola per venditori, come se fosse una sorta di ultima spiaggia. In realtà lì, proprio quest’uomo mi ha fatto capire quale mondo meraviglioso e complesso ci fosse sotto questo nome. Un altro grande maestro è il dott. Lorenzo  Concina, direttore marketing di Philips, che qualcuno dei meno giovani ricorda perché è l’inventore di Video Explorer, Philips colore sempre vivo.

R: Philips colore sempre vivo!

FV: Ce lo ricordiamo bene, ecco io ho avuto la fortuna di lavorare un paio d’anni con quest’uomo, un uomo straordinariamente strano, nel senso che aveva in sé grandissime capacità e creatività, ma anche un’intelligenza superiore, e lui mi ha fatto capire invece l’importanza della PUBBLICITA’. Un mito è “La pubblicità è l’anima del commercio”,, che è la frase più banale che diciamo, quando poi la metti in pratica davvero ovviamente parliamo degli anni 80 e con gli strumenti di allora, e quest’uomo ha costruito un impero in Philips grazie a questa logica, e da lì ho capito molto. E poi se vuoi il terzo, il terzo maestro è il Sig. Eric Bigeard che è stato l’amministratore delegato de Lyreco a livello mondiale per vent’anni. Lui mi ha fatto invece capire la DISCIPLINA. Cioè sostanzialmente mi ha insegnato che una volta che hai deciso il tuo modello di business, una volta che hai deciso che cosa sai fare e cosa puoi fare bene, lì devi stare, e farlo in un modo assolutamente perfetto. Ecco questi 3 insegnamenti devo dire che mi hanno aiutato tantissimo.

R: Il turning point lavorativo e della vita –  da quel momento nulla è stato più come prima

FV: Bene, andiamo a riscavare nelle radici profonde, io sono un uomo crede moltissimo nelle fondamenta. Se i fondamentali sono a posto il resto non dico che viene da sé ma quasi. Allora adesso lo so che ti faccio sorridere, ma ti dico quale è stata la chiave della mia vita lavorativa. Come detto prima ho iniziato a lavorare per B&D che è una multinazionale americana. Quando mi hanno assunto mi hanno detto “lei sa parlare inglese? Perché sa questa è una multinazionale americana e noi parliamo solo inglese”. E io ho detto “boh si, boh no, si solo 4 parole ma niente di più. Poi ho iniziato a lavorare e ho scoperto che all’epoca, non me ne vogliano i colleghi di allora, ma lì l’inglese non lo parlava quasi nessuno. Allora io in 2 anni ho imparato a parlare l’inglese, non è auto celebrazione ma un dato di fatto, tutte le sere delle mia vita tutto il sabato e tutta la domenica. Dopo 2 anni sono stato in Inghilterra 3 mesi e quando sono tornato parlavo un inglese assolutamente buono. Questo mi ha fatto fare carriera, perché poi di fatto questa è stata la chiave. C’era un incontro internazionale, “chi mandiamo? Eh mandiamo quello lì, perché almeno se la cava”, qualsiasi contatto, anche di livello superiore mi si è aperto in questo modo. Quindi pensate alla banalità se volete di una lingua, oggi ovviamente non basterebbe più, ma in quell’epoca mi ha aperto la strada.

R: E’ un differenziale di conoscenza, no?

FV: Quindi se ti devo dire il turning point della mia esistenza è stato l’ imparare la lingua inglese.

R: Adesso, in questo momento, quanto tempo dedichi allo studio e alla crescita personale e con quali fonti?

FV: Troppo poco, gli dedico decisamente troppo poco tempo, perché mi sento incastrato in tutta una serie di attività quotidiane. Quando hanno coniato quella famosa frase “Learning on the job”, è la puttanata peggiore che si possa dire, nel senso certamente è vero che impari lavorando, ma in realtà impari studiando. Quindi quali sono le fonti? Oggi io insisto intanto a cercare fonti internazionali, perché se una cosa l’ho imparata molto bene dagli inglesi e dagli anglosassoni è il motto “non reinventare la ruota”. E noi italiani questo vizietto ce lo abbiamo molto: abbiamo un problema dobbiamo trovare noi una soluzione. Invece io ormai mi sono mentalizzato tanti anni fa, mi guardo intorno e dico “c’è qualcuno che questa cosa l’ha già fatta? Ecco quello è il mio modo di imparare, quindi argomento per argomento vado a cercare in quello strumento meraviglioso che è il web, molto rapido, e passo molto tempo a navigare in rete a cercare articoli, a leggerli, a criticarli. La seconda fonte molto più recente quindi  che so usare molto male è quella dei Forum. Anche in questo caso piccoli forum internazionali. Ce ne sono molto più di quello che noi crediamo esistano e con argomenti estremamente specifici. Ecco quello è un bellissimo modo di aggiornarsi perché, al di là dei contenuti che sono molto buoni, c’è anche lo stimolo, il recall, perché ti arriva una mail che ti dice “guarda che in quel forum lì tu non sei entrato da 15 giorni”, quindi c’è insomma qualcuno che ti tira l’orecchio e ti dice vai vai che c’è qualcosa di interessante

R: Un pungolo!

FV: Un pungolino che ti dice “vai, vai a visitare quel sito lì”, ecco quindi anche questo fatto mi aiuta a superare la quotidianità.

R: Qual è secondo te il miglior punto di forza e quale quello di maggior debolezza delle piccole e piccolissime imprese italiane

FV: Il maggior punto di forza è la CREATIVITA’, ed è la creatività di prodotto, la creatività tecnologica. Cioè la piccola e media azienda italiana ha la capacità di sviluppare nuove idee, nuove tecnologie che davvero secondo me non ha paragoni nel mondo. Questo lo dico per esperienza diretta perché ho avuto tantissime occasioni di confronto. Il punto invece di straordinaria debolezza sta nell’individualismo, nell’incapacità di crescere, vorrei dire nell’incapacità di dare fiducia all’altro. Per cui vedi  che poi non nascono i distretti, vedi che i due imprenditori si guardano un po’ di sbieco, perché proprio manca questa apertura mentale, apertura mentale che poi se tu la proietti a livello internazionale potrebbe dare dei frutti straordinari. Quindi riassumo: grande capacità di prodotto, pochissima conoscenza del mercato, perché hanno la testa un pochino chiusa.

R: Cosa potrebbe fare lo stato centrale per aiutare le micro aziende di cui parlavamo prima, e cosa può fare invece l’amministrazione locale

FV: Questo è un tema.

R: Bello tosto.

FV: E’ un tema tostissimo! Io credo davvero che la parola tanto abusata, ma tanto vera è quella della SEMPLIFICAZIONE. D’altro canto la burocrazia vive e si nutre di complessità, per cui tra il modello che potrebbe aiutarci e il modello che effettivamente è oggi  c’è un abisso, ma è anche un abisso di interessi. L’aiuto potrebbe essere molto concreto nella semplificazione dell’attività di tutti i giorni, come si dice spesso, nell’accorciare i tempi di una burocrazia infinita, e terzo elemento, torno su quello che ho detto prima, laddove io singolarmente non riesco ad arrivare. Tu immaginati una piccola società che fattura 1 milione di euro che vorrebbe avere dei clienti all’estero. Che fa? C’è davvero un problema pratico. Ecco lì una struttura locale, anche a livello comunale o poco più, potrebbe davvero essere utile.

FV: Chi hai votato alle ultime elezioni??

R: Come si rapporterà con il web nei prossimi anni il retail tradizionalmente inteso, ne uscirà stritolato oppure c’è una via d’uscita, e se c’è quale allora

FV: Questa è la domanda di tutte le domande. Ecco io ho una convinzione profonda: la via c’è e non è nemmeno una via d’uscita, è un percorso che va fatto. Quale? Allora ci sono due cose. La prima è che sempre di più viene riaffermato un principio puro di marketing, che è quello della SODDISFAZIONE DEL BISOGNO DEL MIO CLIENTE.  Più che mai oggi il cliente ha le idee chiare su quali sono i propri bisogni. Molto meno chiare sono le idee dell’operatore, del commerciante, del dettagliante soprattutto, che rimane più vincolato a schemi che siccome sono stati degli schemi di successo per tanti anni, li definisce esperienza e ritiene di rimanere lì, ma non è così. Oggi abbiamo di fronte una persona – intanto propongo l’abolizione della parola consumatore, che non sopporto, io non sono un consumatore, sono un essere umano , e questo essere umano oggi può grazie alla tecnologia esprimere molto di più la sua voglia di essere lui il protagonista. Quella che noi chiamiamo interattività altro non è la libertà che il nostro caro cliente essere umano sta godendo grazie a questa nuova tecnologia. Allora il negozio tradizionale soddisferà sempre un bisogno primario dell’essere umano che è quello di una relazione umana che preveda il contatto fisico. Il contatto fisico non verrà mai abolito, ma va integrato, coniugato, diffuso, fatto conoscere attraverso le tecnologie moderne. La difficoltà e il fascino dove sta? Che se io ti avessi detto 5 anni fa che esisteva un mostriciattolo come quello che abbiamo adesso sul tavolo in grado di fare tutte le cose che sta facendo beh si forse ti avrei detto si, magari forse in un grande futuro..

R: Sul tavolo c’è uno smartphone visto che l’intervista è solo audio!

FV: Si giustamente, è uno smartphone, e la cosa difficile è galoppare tenendo il passo con la tecnologia. E la tecnologia è uno strumento utilissimo proprio all’attività di dettaglio, all’attività di quartiere. Vado un pochino in dettaglio, scusami. I grandi operatori che cosa ci stanno dicendo, prendiamo dei casi concreti: Metro – Metro è una grande realtà che oggi dichiara di voler aprire una serie di cash & carry piccoli nel cuore delle città. Staples, parlando del settore prodotti per ufficio, o la stessa Office Depot, dichiarano tranquillamente che i negozi che vanno meglio non sono più i grandi store da 800 – 1000 – 1500 mq ma in quelli da 200 mq all’interno delle città. Un piccolo particolare però per fare un esempio ancora più concreto: quante persone servono per gestire un negozio di 200 mq? Un commerciante italiano ti direbbe boh 2 – 3. 8, perché questo è un negozio 7/24. Ecco la novità: non è che tornano i negozietti, torna una cosa diversa che tiene in considerazione la necessità del rapporto che io e te abbiamo bisogno di sviluppare guardandoci negli occhi ma con le modalità che oggi il mondo richiede.

R: Parliamo adesso di cambiamento, cerchiamo di approfondire. Qual è il cambiamento più grande che hanno fatto le aziende italiane negli ultimi 10 anni, e quale sarà quello che dovranno affrontare nei prossimi 10, non solo negozi ma proprio aziende anche di servizi, in generale insomma

FV: Il cambiamento che hanno avuto più importante è stato quello di tentare a vario titolo di affacciarsi al mondo che dicevamo prima, ma se ti devo dare la mia opinione spassionata, è un cambiamento che ha funzionato solo per specifici settori, e per altri invece siamo di fronte al piatto totale, diciamo una stabilità negativa, probabilmente per una questione ancora di marketing in questo caso nell’offerta del prodotto che faccio, qual è la cosa che mi differenzia – quella che gli americani chiamano la unique sell proposition – cos’è che ho di diverso da offrirti rispetto agli altri, ecco secondo me qui il passo è stato fatto ma in maniera molto limitata. Quindi da un lato sono abbastanza deluso da questa cosa, dall’altra mi rendo conto che c’è una grande potenzialità. La piccola o media azienda italiana che ha un buon prodotto non ha gli strumenti e non utilizza a suff tutto quello che il mondo gli offre per far si che il prodotto venga venduto, apprezzato, e di fatto diffuso non più a livello italiano, non più a livello locale, ma a livello internazionale.

R: Quindi sarà un cambiamento più culturale che tecnologico, quello che dovranno affrontare le aziende se ho capito il senso

FV: Si il senso è esattamente questo, la sfida è culturale.

R: Quale pensi che sia stata la cosa più innovativa che hai realizzato nella tua carriera, a prescindere dai risultati

FV: La cosa più innovativa è stata proporre al mercato italiano una modalità di vendita, una modalità  commerciale, che sostanzialmente non esisteva.  E cioè nel caso specifico, con la società Lyreco siamo andati da clienti abituati a sentirsi proporre prodotti, prezzi, sconti, diciamo ragionamenti molto tradizionali, noi invece ci siamo presentati con un’unica arma che era un livello di servizio, quindi di soddisfazione dell’esigenza specifica, assolutamente ineguagliabile dagli altri. Quindi abbiamo aperto un nuovo modo di vendere il prodotto per ufficio.

R: Qual era questo livello di servizio

FV: Il servizio dei servizio era una sorta di scommessa, cioè riassunto in termini molto pratici, un cliente la prima volta poteva scegliere direttamente in quegli anni da un catalogo cartaceo un prodotto tra 10.000 prodotti, ordinarlo, riceverlo il giorno seguente, dove sull’indirizzo di consegna non c’era Via G. Mazzini n.2, ma c’era Mario Rossi, seconda scrivania a destra, primo piano, Via G. Mazzini n.2. Cioè un livello di servizio stratosferico, peraltro apprezzatissimo di fatto.

R: Qual è invece l’innovazione che hai in progetto di realizzare nei prossimi anni, che secondo te sarà decisiva, l’innovazione che stai facendo adesso che secondo te cambierà il gioco del mercato di riferimento

FV: L’innovazione che stiamo portando avanti in azienda è quella di riuscire a differenziarci il più possibile da un mondo che un’offerta ormai sconfinata di prodotti e di servizi. E quindi di fatto è un’innovazione che in realtà esiste da sempre e cioè: un negozio esiste? Si. Esisterà? Si. Quale sarà l’arma vincente del negozio? La FIDUCIA. Quindi tutto quello che noi facciamo è mirato a costruire un rapporto di fiducia tra il nostro cliente e il nostro negoziante, e la nostra azienda. In termini concreti, prodotti che portano il nostro nome, in quel momento sto dicendo: FIDATI, perché io ho selezionato questo prodotto per te e quindi, siccome tu ti fidi di me, io ti darò una cosa che ti soddisferà. All’interno del negozio quando ti accolgo ti devo accogliere in modo tale che tu possa soddisfare quella parte che non ti soddisfa il web. Quindi questi sono a fondamento della strategia che è molto semplice, non è una cosa complessa da pensare, forse più complicata da realizzare. Il terzo elemento è l’integrazione della tecnologia, che già oggi ci permette degli strumenti, alcuni che abbiamo già, altri che vogliamo assolutamente sviluppare. Il farti valutare o scegliere un prodotto sul web non è concorrenza sleale nei confronti di un negozio, ma è invece aprirti una strada, avvicinarti il cliente. E questo esiste già oggi. Poi ci sono quelle che chiamiamo le App dello smartphone.

 

Un grande grazie a Francesco Villa per la disponibilità, la quantità e la qualità dei contenuti.

Autore: Webmaster

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